L’impatto della tecnologia nella vita quotidiana è sempre più rilevante: quindi sul piano individuale e collettivo, è cruciale che le nuove generazioni imparino presto a utilizzare la tecnologia in modo attivo e creativo, e non siano solo fruitori passivi.
La Robotica Educativa è un potente strumento, che permette di iniziare questo processo di emancipazione con tutti gli studenti, fin dalla scuola dell’infanzia, attraverso lo sviluppo delle capacità logiche, del pensiero computazionale e del coding.
Nella Robotica Educativa, attraverso una didattica basata sui progetti (Project-Based Learning) si impara interagendo con la macchina, piuttosto che imparare come funziona la macchina; il robot non è il fine, ma il mezzo attraverso cui avviene l’apprendimento. Ad esempio, una piccola gru robotizzata potrebbe aver bisogno di contrappesi, il che offre all’insegnante la possibilità di introdurre concetti e nozioni legati alla fisica o alla matematica.
Su che principi si fonda?
La Robotica Educativa trova il suo fondamento teorico nel Costruzionismo di Seymour Papert che, muovendo dal Costruttivismo di Jean Piaget, coniò questo termine per evidenziare l’azione del bambino come soggetto attivo del suo apprendimento, attraverso la realizzazione e condivisione di artefatti. L’artefatto è il motore che porta la definizione di unità didattiche basate sulla risoluzione di problemi pratici, il ben noto imparare facendo (learning by doing).
L’artefatto è il motore che porta alla definizione di unità didattiche basate sulla risoluzione di problemi pratici, il ben noto imparare facendo (learning by doing). Il robot è un artefatto flessibile che coinvolge svariate discipline, incluse la sua costruzione e programmazione. È un potente strumenti educativo che richiede una interazione attiva e consapevole da parte dello studente coinvolto.
Non è estranea alla Robotica Educativa la filosofia dei makers e del Do-It-Yourself, che rifiuta la fruizione passiva di tecnologia, ma “apre la scatola nera”, per vedere come funziona, per poi smontarla e rimontarla secondo le proprie necessità. È lo stesso principio che anima i movimenti open-source e open-hardware.
Nel 2018, il progetto europeo eCraft2Learn ha definito il concetto di ecosistema di apprendimento unificato, indicando con questo termine un ambiente di apprendimento formato da un insieme di hardware e software per la progettazione, fabbricazione e programmazione di artefatti digitali, con linee guida e supporti didattici. L’obiettivo è sostenere gli insegnanti nella scelta degli strumenti adatti nella immensa vastità di strumenti tecnologici a disposizione, che risulta essere più spesso frustrante e paralizzante, invece che una risorsa.
Perchè un robot?
Il robot è un artefatto flessibile che coinvolge svariate discipline, incluse la sua costruzione e programmazione. E’ un potente strumento educativo, che richiede una interazione attiva e consapevole da parte dello studente coinvolto.
La collaborazione tra Papert, il laboratorio del MIT dove lavorava, e l’azienda LEGO ha permesso, già sul finire degli anni Sessanta del XX secolo, la creazione di varie versioni di kit robotici chiamati MINDSTORM, dai primi RCX fino agli attuali e diffusissimi EV3.
Un kit è tipicamente costituito da una scatola di pezzi da assemblare a piacimento per creare il corpo del robot secondo le necessità, motori in grado di produrre azioni, una centralina di comando programmabile attraverso l’uso di un apposito software.
Non è estranea alla Robotica Educativa la filosofia dei Makers e del Do-It-Yourself, che rifiuta la fruizione passiva di tecnologia, ma apre la scatola nera, per vedere come funziona, per poi smontarla e rimontarla secondo le proprie necessità. E’ lo stesso principio che anima i movimenti open-source e open-hardware.
Come avviene il processo di apprendimento nella Robotica Educativa?
Nel 2018, il progetto europeo eCraft2Learn ha definito il concetto di ecosistema di apprendimento unificato, indicando con questo termine un ambiente di apprendimento formato da un insieme di hardware e software per la progettazione, fabbricazione, e programmazione di artefatti digitali, con linee guida e supporti didattici. L’obbiettivo è di sostenere gli insegnanti nella scelta degli strumenti adatti, nella immensa vastità di strumenti tecnologici a disposizione, che risulta essere spesso frustrante e paralizzante, invece che una risorsa. Ecrat2Learn ha poi individuato 5 fasi:
1 – IDEAZIONE, a partire dalla esplorazione del mondo reale. Gli studenti dovranno individuare un problema da risolvere. Esso verrà poi inquadrato dall’insegnante in una narrazione più generale.
2 – PIANIFICAZIONE, in cui gli studenti raccolgono informazioni necessarie a progettare la soluzione. Le informazioni sono reperite in rete, o fanno parte del bagaglio pregresso dello studente, oppure vengono apprese in classe.
3 – CREAZIONE, fase in cui gli studenti costruiscono i robot. Potranno usare kit commerciali, ma anche progettare da sé le parti necessarie mancanti, verificarne la fattibilità, o eventualmente realizzarle con una stampante 3D.
4 – PROGRAMMAZIONE, in cui l’artefatto digitale viene programmato per eseguire i compiti individuati nella fase 1, con un immediato feedback della loro correttezza.
5 – Infine, la CONDIVISIONE del progetto, nella scuola e in rete, in una comunità di pari o di esperti (artisti, ingegneri, makers).
Il ruolo dell’insegnante cambia…
Più che un semplice istruttore, l’insegnante diventa un ispiratore e un accompagnatore per il processo di apprendimento. L’insegnante guiderà la classe nella fase di identificazione e di risoluzione del problema, collocandolo poi in una prospettiva più ampia.
Il nuovo ruolo che verrà richiesto all’insegnante non è quello di esperto tecnico della robotica o degli aspetti tecnico-scientifici che questa coinvolge, piuttosto sarà una guida che dovrà aiutare i suoi studenti ad uscire da momentanee impasse creative, fornire stimoli, o suggerire ricerche e risorse per migliorare il proprio progetto.
L’utilizzo dei robot, spinge gli studenti a colmare la zona di sviluppo prossimale (si veda Vygotskji, 1962), ossia la distanza tra il livello di conoscenza che lo studente può raggiungere in modo isolato, e il massimo potenziale raggiungibile con l’aiuto di un adulto e strumenti adeguati.
Che processi cognitivi stimola la robotica educativa?
Paradossalmente sarebbe più rapido dire quali non stimola!
Il ragionamento logico è la prima abilità a essere stimolata in un quadro di apprendimento fondato su problema-soluzione-verifica. Gli studenti dovranno fare ricorso a processi di deduzione e di induzione lungo tutto il processo creativo. In seguito, nella fase di programmazione dell’artefatto digitale, entrerà in gioco il pensiero computazionale, ossia la capacità di scomporre in parti l’approccio a un problema, una forma di pensiero utile in tutti i campi, dal montare una mensola a stendere una relazione.
I robot, come oggetti tridimensionali che si muovono nello spazio, stimolano l’intelligenza visuo-spaziale, ossia la capacità di pensare per immagini e di creare rappresentazioni visive, che tra l’altro è alla base della creazione artistica in genere.
Pianificazione e problem solving sono altri due processi chiamati in causa nel lavorare con manufatti digitali.
Le abilità verbali entrano in gioco in diversi momenti – nell’interazione con l’insegnante e durante il confronto con i compagni, per convincere, argomentare, spiegare le proprie soluzioni; nel definire il contesto in cui il robot si troverà ad agire; nella fase finale di condivisione del progetto, in cui occorre riflettere sul tipo di linguaggio, la presentazione, il registro linguistico; infine, è possibile sia necessario dover illustrare in forma scritta il progetto.
L’immediata verifica del lavoro mantiene alta la motivazione dei ragazzi, e stimola la capacità di lavorare in gruppo e la collaborazione.